Enoteca Osteria Baccicin dü Carü, dal 1890 per una sosta di sapore.
Arrivo a Genova e prendo la direzione che porta al passo del Turchino.
Avrei potuto ascoltare quel pigro del mio amico e sdraiarmi, vista mare in uno dei tanti locali che ti attirano per la bella vista o per la vicinanza del mare che ha sempre una forte attrazione, con quello sciabordio perpetuo che cattura come le gambe lunghe delle donne, sorrette dai tacchi che hanno il potere di slanciare verso il cielo ma, ho le mie convinzioni a proposito di "buon cibo".
La giornata è calda senza afa, di quel calore che fa stare bene. Lambisco il mare con lo sguardo e comincio a salire fra curve, profumo di sottobosco, correnti fresche e umide, alberi che sbandierano rami secolari dalle foglie verdi, tra i quali si infilano particelle di luce frastagliata dalle ombre.
Sembra di andare incontro alla perdizione, abitazioni poche, solo curve e, se guardo in basso, scende la valle irta di vegetazione rigogliosa, la fiducia mi assiste, la speranza viva.
Sono affascinato dai nomi dei paesi o frazioni e qui tra:Biscaccia, Fado Alto, Ceresolo, Fabbrica-Mattia, Gallinea, Gattegasca, Giutte, Gorsezio, Patani e Roverazza c'è da divertire la mente. Vedo, fra i rami, il cartello "Fado" siamo arrivati e appena prima di una curva che gira vesto sinistra si intravede il cartello "Osteria", siamo al numero 115/121.
L'asfalto della strada e le barriere bianco-nere arrugginite sormontano l'ingresso dell'Osteria Baccicin dü Carü, che è tipico dei locali di paese, quelli che stanno scomparendo, tavolini di plastica con tovaglia anti acqua a disegni floreali. Sulla parete esterna, in alto, di fianco alle finestre dell'abitazione ci sono disegnati un bicchiere e una caraffa, quelle da un litro, tipo vaso che quando non ci metti dentro il vino ci si può, momentaneamente, mettere dei fiori colorati, anche grigi, dipende dall'umore.
Dentro, la luce che esce dalle plafoniere inonda di color giallo tutto l'ambiente. Alle pareti, vecchi attrezzi da cucina sono messi all'interno di cornici in legno di varia forma.
Quando Gianni, che non conoscevo, mi porta la lista delle pietanza, mi si illuminano gli occhi e per la mente è un boccata di ossigeno:
Galantina di vitello "l'antico prosciutto cotto genovese il Brandacujun".
cavolo cappuccio con bagna cauda e acciughe di Sciacca.
Taglierini di borragine con pesto.
ravioli con "u-tuccu".
trippa accomodata.
poi andate a vedere la fotografia che sonò mi viene la barba.
Succede che i sapori e il gusto siano anticipati dalla vista che capta -inconsciamente- il cibo quando è preparato a regola d'arte. Assaggio l'antipasto, i taglierini, acciughe, torta sabbiosa, panna cotta con lo zabaione. Mentre scrivo le ghiandole salivari si mettono all'opera. La delicatezza nei sapori, profumi che invogliano, il pesto "rustico" con aglio, basilico e olio passati nel mortaio per preservarne le caratteristiche organolettiche e un ingrediente ormai raro che è l'amore per il proprio lavoro. Senza questo ingrediente la cucina perde valore e si incammina verso l'oblio per lasciare il posto al cibo che ha il sapore della televisione. Anche la lista dei vini è ben congeniata.
A casa porto il sorriso di Gianni e Rosella che sprigionano energia benefica, che è poi quella che usano come ingrediente segreto della loro cucina.
Ci ritornerò presto e mi farò riservare un tavolo all'interno dell'enoteca. Voglio mangiare circondato da bottiglie di vino.
©2023 Luca Scainelli