La polenta è un antico alimento di origine italiana a base di farina di mais o altro cereale.
Si dice anche: pulenta, polente, polenda, pulenda, pulenna, poenta, poulento, echtinga, puluntu, carlon
La polenta per noi bergamaschi è come la mozzarella di bufala per i casertani, la piada e i tortellini per i romagnoli, i pizzoccheri per i valtellinesi, le trofie con pesto per i liguri, gli arrosticini per gli abruzzesi, gli arancini per i siciliani, le orecchiette alle cime di rapa per i pugliesi, il risotto per i milanesi, spaghetti cacio e pepe per i laziali, i malloreddus per i sardi, le Frittole per i calabresi e da ultimo, e si potrebbe continuare ad oltranza, lo gnocco fritto e le tigelle in Emilia.
Queste ultime se vi trovate a Bologna si chiamano (crescentine)
La polenta vuole "menata" e mai abbandonata, fatta cuocere un un paiolo in rame sopra un fuoco di legna, allora si che sprigiona tutti i profumi "della Domenica", perché dalle mie parti il giorno prediletto per prepararla è ancora la domenica come nell'era patriarcale.
Vuole essere consumata con la famiglia, che adesso è sempre più rarefatta e "mescolata" come la polenta, non conviene più tenerla insieme in nome del pensiero comune che spinge i consumi attraverso l'omogeneizzazione dei sessi e ad amare più gli animali dagli esseri umani, a sposare il clima pensando di essere diventati immortali dimenticandosi come scrive Marcello Veneziani nel suo ultimo libro che: "Ci sono troppi fattori che non controlliamo: cosmici, naturali, misteriosi. La condizione umana, nel suo <transito terrestre>, è comunque la mortalità. In terra non si salva nessuno. I ragazzi non se la prendano con gli anziani se hanno <ereditato> la loro mortalità, che trasmetteranno pure ai loro figli."
Questo insieme di farina gialla e acqua richiama il convivio, se una pasta al pomodoro la si può preparare in beata solitudine, per la polenta questo non è possibile e nemmeno pensabile, è sacrilegio.
Più si è e più sarà buona quando verrà versata, come lava incandescente sul piatto rigorosamente in legno; in quel momento tutti i commensali rivolgono lo sguardo al centro della tavolata per garantirsi la porzione più abbondante. Dovranno passare altri sette giorni per poterla ritrovare in tavola.
La polenta si abbina spesso alla carne ma negli anni ho avuto modo di sperimentare; vi garantisco che le uova fritte nel burro ci stanno magnificamente, poi per i più arditi si può provare con lo zucchero, marmellata e nutella, mentre per i dolci di palato consiglio con del latte fresco, quest'ultimo direttamente nel paiolo quando le biade sono ancora aderenti alle pareti del paiolo.
Per i buon gustai la consiglio con una colata di burro, aglio e salvia e tutti i tipi di formaggi: da quelli stagionati, che con il calore si ammorbidiscono, a quelli più scioglievoli che solo per osmosi si fondono regalando bontà, rischiando di creare dipendenza.
Lode alla polenta che unisce, attraverso il colore è simbolo di luce, del sole ma anche dell'energia mentale e fisica, quella in grado di rigenerare l'anima in un corpo attendente.
©2022 Luca Scainelli